Piove. Anzi di più. "L'ALTRA SETE"

Stanotte tuoni e fulmini. Saette e grandine. E un fiume di fango, ciottoli, sassi e pietre è sceso dal Maso e si è riversato nel cavedio, distruggendo il mio giardino tra le pietre.
Davanti, l'erbetta stava crescendo a fatica. Il caldo torrido ha bruciato tanti semi. Alcuni sono riusciti a sopravvivere. Li bagnavo con amore tre o quattro volte al giorno. E stanotte il temporale si è portato via tutto.
Ieri ho finito il libro che mi ha regalato un'amica per il mio compleanno. Una sorpresa.
Ero con il mio tennista, a San Candido. Il libro era con me. Ho iniziato a leggere. Lentamente. Il sole della Pusteria mi scalda.
Io leggo lentamente.
Ogni passaggio esce o entra nel mio DNA.
Pensieri parole azioni. Paralleli . Specchiati.
L'amaro in bocca nello scoprire il marcio. L'ironia nera. 
Cig ronf. Cig ronf. 
La seggiovia scandisce il tempo. 
Cig ronf. Cig ronf. Sale in alto. 
Puf pong panf. Le racchette colpiscono le palline gialle. Le fanno volare. Rasoterra. In alto. Contro il cielo.
Puf panf pong. Panf pong. Pong paf. Cig ronf. Puf panf pong. Come piccoli grandi soli. Puf panf pong. Pong paf. 
Le parole seguono i pensieri. Il battito del cuore segue i pensieri. Il respiro segue il cuore che segue i pensieri. Il cervello gira rigira le frasi. I passaggi. I dolori che portano a questa Condizione. Ma io leggo piano. Lentamente. Non tutti i giorni. Il mio sangue non assomiglia alla seggiovia. Deve assimilare piano. Alla cima. Alla soluzione. Alla via maestra ci arrivo piano. Col respiro lento. Con il cuore leggero. Altrimenti tutto implode. Ma io leggo e come la seggiovia sale e i tennisti giocano e uno di loro vince. Spero vinca il mio tennista. Mentre io non lo guardo e leggo. E il sole mi scalda.
Vado avanti.
Leggo più veloce di quanto pensassi. Sono ai carciofi. I carciofi mi ricordano una cena, un saluto, tante risate, tante. Ma poi, pochi giorni dopo la morte. L'ultimo saluto. Sono ai carciofi. Sono a quando Alice dorme insieme a sua madre.
Mi prende la voglia di scrivere: ogni pensiero potrebbe essere il mio. Ogni immagine che salta fuori dalla lettura. Ogni supposizione. Ma qual è il mio dolore? Quando arriva l'ammissione di questa Condizione? La sua intendo. La mia, forse la conosco.
Sono protetta da un tetto di sottili bambù. Mentre dietro il monte sale una nuvola di panna montata e rulla un tuono burlone. 
Cig ronf. Cig ronf. Panf pong puf. Cig cig cig. Panf pong. Puf pong . 
Palline gialle e seggiovia. Aria rigenerante . Sole cangiante. Cielo trasparente.
ual è il dolore scatenante? Forse lo so. E allora abbasso lo sguardo. Ripenso al 2 maggio di 10 anni fa. Al vuoto sotto i piedi. E a tutto il resto. Ma sono qui. Siamo qui.
Se non lo fossi, cosa cambierebbe? Cosa sarebbe andato diversamente in questi 10 anni? Non lo saprò mai. 
E forse non è nemmeno questo il mio dolore. Forse è qualcosa di atavico. Di uterino. Di lontano. Di come mi sono sempre sentita fin da piccola. Mai abbastanza. Mai approvata. Che voglia di scrivere. Tirare fuori.
Scolpire il marmo bianco fino a far uscire l'opera d'arte. Togliere l'inutile. Eliminare il superfluo. Ma io faccio fatica a buttare un Tempo usato. Come si fa ad eliminare sentimenti, immagini, rifiuti, superficialità, banalità. Un Tempo usato, pieno di muco. Contro una vita alla ricerca di essere all'altezza.
Quanto tempo ci vuole? Quanti Tempo ci vogliono?

E di notte arriva il temporale che devasta il mio giardino. Che anticipa l’uragano che colpirà il mio giardino tra qualche giorno….


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